Mio figlio non comunica

“Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.” 
William Hodding Carter II

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Nonostante uno dei principali assiomi della comunicazione sia che è impossibile non comunicare, c’è da credere che un adolescente faccia del suo meglio per provare il contrario. Chiudersi in camera, rimanere in silenzio a chattare al cellulare o al computer, o rispondere a monosillabi giusto per tenere buoni i genitori sono in effetti strategie per comunicare che… non si vuole comunicare. Crescendo la necessità di spazi di autonomia cresce, così come il risentimento di dover ancora dipendere da decisioni altrui per le proprie scelte.

Se da ragazzini ci si sentiva i depositari dei segreti e delle confidenze dei nostri figli, ora che sono cresciuti a volte si ha la sensazione di vivere con degli estranei. Al di là del colpo che questo infligge all’autostima dei genitori, la questione è tutt’altro che futile: crescendo, i ragazzi hanno bisogno di sperimentarsi nel mondo, di scoprire se stessi mettendosi alla prova, anche sfidando le regole precostituite. È un equilibrio delicato, perché anche se in teoria è una premessa ovvia, in realtà non è sempre facile capire come fare a tenere le linee di comunicazione aperte e a proteggerli senza essere invadenti.

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Il paradosso del generoso

La generosità consiste meno nel dare molto che nel dare a proposito.
– Jean de La Bruyère

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I colleghi sanno che sei una persona generosa e affidabile. Anche i tuoi familiari sanno che possono contare su di te. Gli amici trovano sempre in te una spalla su cui piangere e a cui appoggiarsi. Sei efficiente, disponibile e comprensivo, disposto a scendere a compromessi per venire incontro alle esigenze di tutti. Per questo le persone ti vogliono bene! …O no?

A volte, se dobbiamo essere del tutto sinceri, un po’ il dubbio ti viene: cominci a notare che ti cercano solo se hanno bisogno di qualcosa, che quando non puoi proprio fare il favore che ti chiedono se la prendono come se avessi fatto loro un torto personale, che ti danno per scontato quando servi, ma se c’è da divertirsi o se hai tu bisogno di una mano hanno sempre altro da fare… E allora che fai? Ci rimani male, cominci a chiederti se davvero qualcuno ti vuole bene per ciò che sei o se ti usano e basta. Però non dici nulla, magari ti allontani un po’ nella speranza che qualcuno ti venga a cercare, ma non sempre questo accade, e allora accade che provi un certo risentimento, e finisci per rinfacciare i favori che hai fatto, atteggiamento che effettivamente ti allontana dagli altri.

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VOGLIA DI INNAMORARSI #2

“Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.” 
– Franz Kafka

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Nello scorso articolo abbiamo cominciato a parlare  di come fare per aumentare l’intimità di coppia, avvicinarsi l’un l’altro e innamorarsi. Il segreto sta non tanto in un gioco di somiglianze o differenze, nel conteggio di ciò che si ha in comune e ciò che ci differenzia, come a volte pensiamo. Piuttosto sta nella disponibilità a scoprirci, a sfogliare i nostri pensieri, ricordi, sentimenti più riposti ascoltandoli insieme, sentendo la vibrazione che creano nella condivisione – nell’ascolto dell’altro e nel disvelamento di sé.

La scienza in questo ci può aiutare, e se sei disposto e darti una possibilità, nel video che segue troverai il secondo gruppo di domande pensate proprio per questo.

Se vuoi saperne di più, guarda il video precedente, e segui il successivo, che verrà pubblicato a maggio.

dr.ssa Tania Da Ros – psicologa, psicoterapeuta, ipnotista clinica a Bergamo

 

Oltre la paura

Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili.
– Seneca

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Oggi vorrei raccontarti una storia. Parla di te e di me, di coraggio e di paura, e dei momenti di esitazione che sembrano fermarti, ma che possono essere l’occasione per il salto successivo. Ma ho già detto fin troppo. Lascio la parola a chi racconta di questo meglio di me:

Nella tradizione sufi, si racconta che un giorno un derviscio decise di incamminarsi sul sentiero. Sapeva che era arrivato il momento, ma non sapeva come procedere. D’un tratto notò un cane che indugiava davanti a una pozzanghera: la sua immagine si rifletteva sulla superficie dell’acqua, e la guardava impaurito, bloccato a fissarla. Credeva che dall’altra parte dello specchio d’acqua ci fosse un altro cane pronto ad aggredirlo! Ecco perché non si muoveva! Aveva paura di essere attaccato!

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